Ipocondria, patofobia, disturbo d’ansia per la salute.
Quando la lasciamo fare, la natura si tira fuori da sola pian piano dal disordine in cui è finita. È la nostra inquietudine, è la nostra impazienza che rovina tutto, e gli uomini muoiono tutti quanti per via dei farmaci e non per via delle malattie. Il malato immaginario – Molière
Ipocondria, patofobia e disturbo d’ansia per la salute sono 3 etichette per parlare di problemi in apparenza simili, ma sostanzialmente diversi.
Chi soffre di ipocondria passa tutto il tempo in attesa del sintomo che gli confermi di avere la terribile malattia che è intimamente convinto di avere. Ogni sintomo diventa buono come prova, e dato che il corpo manda sempre dei segnali, se noi ci poniamo in attento ascolto di questi segnali, finisce che prima o poi li troviamo. Si passa quindi alle visite mediche, continue e inutili, la diagnosi è sempre la stessa “lei non ha niente”, ma il pensiero dell’ipocondriaco è “anche questo medico non è capace, non è riuscito a scoprire la malattia di cui soffro”.
Il patofobico invece ha paura di avere qualche malattia che potrebbe porre fine alla sua vita in tempi generalmente molto rapidi, vi rientrano paura di ictus o infarti (cardiofobia) con ossessioni legate alla misurazione della pressione e del battito cardiaco. Altrettanto spesso prevale l’evitamento della situazione che ci spaventa, limitiamo gli sforzi fisici per evitare di affaticare il cuore (cosa che tiene il corpo fuori allenamento aumentando per assurdo la possibilità di episodi critici) ed evitando assolutamente tutte le visite mediche e le indagini (tac, radiografie, analisi del sangue…) per paura di scoprire di avere una qualche malattia (e quindi trascurando anche dei segnali reali di pericolo).
Il disturbo d’ansia per la salute prevede parte di entrambi i disturbi precedenti, ma, soprattutto, può essere diagnosticato anche a chi ha davvero un problema di salute, perchè è giusto essere preoccupati per la propria salute qualora si abbia una patologia, ma la preoccupazione può essere eccessiva e causare un peggioramento della patologia stessa.
La paura delle malattie è diventata una vera e propria epidemia, che causa costi impensabili sia per il singolo che per la collettività (a causa delle visite mediche ripetute, i consulti specialistici, le indagini non necessarie…) inoltre è causa di numerose assenze dal lavoro, secondo una ricerca australiana del 2007 si stima una prevalenza del disturbo nella popolazione generale del 3,4% mentre nella popolazione ospedaliera, secondo una ricerca inglese del 2006, questo valore arriva anche al 20%.
L’utilizzo di internet per informarsi sui propri sintomi genera quella che viene definita “cybercondria” un modo complicato per dire che più si fanno ricerche riguardo dei sintomi, più aumenta l’ansia da malattia.
Da tutto questo si può guarire, con le dovute strategie, e grazie ad un aiuto specialistico. Si deve sempre sottolineare che sebbene sembrino disturbi identici (potremmo semplificare il tutto come una eccessiva fissazione per le malattie), questi disturbi hanno meccanismi di funzionamento completamente diversi, per cui anche le strategie di risoluzione sono sempre differenti.
Riferimenti:
La paura delle malattie – Bartoletti, Nardone 2018 (clicca per acquistarlo su amazon)
Health anxiety: the silent, disabling epidemic – Peter Tyrer, Trine Eilenberg, Per Fink, Erik Hedman, Helen Tyrer 2016
Le Barbie e la Ciociara: terza parte del trattamento di un disturbo fobico
Ieri sera 19 dicembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la quinta puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
In questa puntata vediamo la terza parte del caso soprannominato “Le Barbie e la Ciociara” (qui il link al video) e di come viene trattato dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente).
Per chi si fosse perso la prima parte trovate l’articolo in cui ne parlo qui.
La seconda parte è invece disponibile a questo link.
Nella prima puntata vediamo che Alessia non è in grado neppure di restare in una stanza in cui c’è una Barbie, nella seconda riesce ad avvicinarsi alla distanza di 80 cm dall’oggetto fobico e ora nella terza i miglioramenti proseguono.
L’indicazione principale che Alessia Macari ha messo in atto nei giorni precedenti è la cosiddetta “peggiore fantasia” che consiste nel “evocare ancora di più la paura, evocando le fantasie peggiori e toccare con mano che più si vuole evocare la paura più questa rientra, fino ad azzerarsi totalmente” nel caso specifico Alessia la mette in atto ogni 3 ore per 5 minuti mentre svolge le sue normali attività quotidiane.
Alessia viene ulteriormente messa alla prova riguardo la sua fobia delle barbie quando trova una barbie nella propria camera d’albergo e utilizza una scopa per toglierla dal letto, stessa cosa fa in studio, lanciando la bambola fuori dallo studio con una scopa (molto corta, quindi riducendo ancora più la distanza tra lei e l’oggetto fobico) trasformandosi metaforicamente da preda delle sue paure a predatrice dell’oggetto fobico, così come prima era vittima delle sue peggiori fantasie finchè non ha deliberatamente cominciato a dar loro la caccia.
Il prossimo obiettivo sarà quello di riuscire a tenere in mano la Barbie e il Prof Nardone conta di farlo raggiungere ad Alessia entro la prossima settimana.
La versatilità di questa tecnologia risiede nel fatto che problemi isomorfi, in questo caso le fobie, si affrontano con le medesime tecniche, non importa che si abbia paura di una barbie, paura dei ragni, paura di guidare, paura degli spazi aperti, claustrofobia, paura di volare.
Il modello di Terapia Breve Strategica presenta un’elevata efficacia ed efficienza nella risoluzione dei problemi fobici, per maggiori informazioni rimando alla bibliografia:
Giorgio, NARDONE (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano
Netflix e strategie pubblicitarie basate sull’indignazione
Oggi mi è salto all’occhio un articolo su repubblica.it in cui si parlava di Netflix e di una sua pubblicità a Madrid, un banale manifesto nel cuore di Madrid in cui l’attore che interpreta Pablo Escobar nella serie Narcos augura agli spagnoli un “Bianco Natale” con evidenti riferimenti alla cocaina.
Leggendo questo articolo non ho potuto fare a meno di pensare ad un documentario, anche questo su Netflix, di Dan Ariely professore di psicologia alla Duke University, in cui parla del caso di Tucker Max, un blogger che, grazie alla “pubblicità dell’indignazione” è passato dall’avere un blog, a vendere 2milioni di copie del suo libro fino a farne un film, il tutto con minimi investimenti economici.
La tecnica utilizzata è pressoché la stessa: creare delle pubblicità che sicuramente saranno obiettivo dell’indignazione di massa, far sì che vengano rimosse (addirittura qui si è scomodato il governo Colombiano) e, proprio in seguito alla rimozione l’effetto è quello che la notizia rimbalzi in tutto il mondo generando pubblicità gratuita, camuffata da notizia, nei giornali di tutto il mondo.
Questa è una scena del documentario in cui il blogger/scrittore chiede al suo collaboratore di impegnarsi affinchè le pubblicità del film vengano ritirate dall’azienda che le espone in maniera tale che tutti i giornali ne parlino e che le vendite a Chicago schizzino alle stelle
Beh, complimenti a Netflix per l’operazione e, soprattutto in quest’epoca di social network, vi esorto a farvi una domanda: quella notizia che state criticando, quella cosa nei confronti della quale provate una profonda indignazione è solo un’opinione diversa dalla vostra oppure una notizia creata ad arte perchè si generasse tanto rumore attorno ad essa?
Disturbo Ossessivo Compulsivo “Questione di ordine” seconda parte – Selfie Canale 5 Simona Ventura ospite Giorgio Nardone
Ieri sera 12 dicembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la quarta puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
Il caso di cui parlerò in questo articolo è il secondo incontro di Nicoletta, una donna con un grave disturbo ossessivo compulsivo basato sull’ordine, in terapia dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente) ed è stato soprannominato “questione di ordine” (qui il link al video).
Per chi si fosse perso la prima puntata, qui trovate l’articolo che ne parla: QUESTIONE DI ORDINE – PRIMA PARTE
Nicoletta ha raggiunto in breve tempo dei risultati che a molti potrebbero sembrare incredibili, ma che in realtà sono frutto di un’avanzata tecnologia terapeutica: la tecnica principale che vediamo utilizzare è quella tipica per questo tipo di disturbi secondo la Terapia Breve Strategica di Giorgio Nardone, si tratta di “mettere in disordine qualcosa ogni giorno” oppure come viene chiamata dallo stesso Giorgio Nardone nei suoi libri la “violazione” dell’imposizione fobica (Nardone, G., & Portelli, C. (2013). Ossessioni, compulsioni, manie.).
Ovviamente la prescrizione del “mettere in disordine” può essere accettata ed eseguita dal paziente solo grazie ad un sofisticato lavoro fatto in seduta dal terapeuta, che, con un obiettivo ben chiaro, orienta strategicamente il dialogo verso l’obiettivo, questa però non è la sede adatta a discuterne, ma per chi fosse interessato consiglio il libro Ossessioni, compulsioni, manie (Nardone, Portelli, 2013) e Il dialogo strategico (Nardone, Salvini, 2004)
Mettendo in atto le indicazioni del Prof Nardone Nicoletta in 3 settimane è riuscita a:
- rompere l’ordine in cui ha sistemato i maglioni del marito
- evitare di usare un disinfettante per lavare i vestiti
- lasciare i giochi dei bambini in disordine prima di uscire di casa
- evitare di pulire il tavolo con l’antibatterico
- disallineare le bottiglie del latte nel frigo
- spostare un cibo da un ripiano all’altro del frigorifero
- lasciare un pezzo di carta sul lavandino
- lasciare che sia il marito a sistemare la spesa (delegando quindi il controllo ad un’altra persona)
- mettere le scarpe in casa
- lasciare che le figlie tenessero le scarpe in casa
mano a mano che le compulsioni sono venute meno Nicoletta ha ricominciato anche a sentire il bisogno di dedicarsi a sé stessa, sia nell’abbigliamento che nella cura del corpo, cosa che da tempo aveva smesso di fare.
Il commento finale del Prof Giorgio Nardone è il seguente:
Direi che da un punto di vista di osservazione clinica tutti i cambiamenti che ha realizzato e adesso abbiamo visto anche in questo camerino come è stato definito lercio lei non si è preoccupata di pulire o di non toccare anzi ha provato le cose ha preso la rivista e poi quello che ha fatto vedere a casa, lei ha fatto giocare le bambine fuori, le ha portate in casa con le scarpe sporche con i vestiti sporchi e poi vi posso assicurare che a me ha raccontato tutta una serie di altri dettagli che manifestano una completa guarigione del disturbo
I libri che consiglio per approfondire l’argomento sono:
Nardone, G., & Portelli, C. (2013). Ossessioni, compulsioni, manie.
Nardone, G., & Salvini, A. (2004). Il Dialogo Strategico: Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il cambiamento. Ponte alle Grazie.
Fobia delle Barbie II parte (fobia specifica) Le Barbie e la Ciociara – Selfie Canale 5 Simona Ventura e Giorgio Nardone
Ieri sera 5 dicembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la terza puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
In questa puntata vediamo la seconda parte del caso soprannominato “Le Barbie e la Ciociara” (qui il link al video) e di come viene trattato dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente).
Per chi si fosse perso la prima parte trovate l’articolo in cui ne parlo qui.
Alessia ha sviluppato una fobia curiosa, quella delle bambole barbie, in seguito ad un trauma reale subito all’età di 3 anni, è per questo che la prima manovra riguarda proprio il passato:
- Il Prof Giorgio Nardone prescrive il “romanzo del trauma”: “ogni giorno la ragazza dovrà mettere per iscritto, in una sorta di racconto e nella maniera più dettagliata possibile, tutti i ricordi del trauma passato: immagini, sensazioni, ricordi, pensieri. […] la narrazione deve essere quotidiana, ridondante e il più dettagliata possibile, non deve trattarsi di una sorta di ‘diario’ o di pensieri in libertà.” (Cambiare il passato, Cagnoni – Milanese, 2009)
- La seconda prescrizione consiste nell’avvicinarsi alle barbie per misurare la distanza minima a cui Alessia è in grado di stare ferma di fronte ad una barbie, recandosi in un negozio dove è certa che troverà queste bambole: qui si tratta a tutti gli effetti di una manovra che potrebbe essere confusa con un’esposizione graduale in vivo utilizzata in alcuni modelli di psicoterapia, in realtà non viene mai chiesto alla persona di avvicinarsi sempre più allo stimolo, ma solo di avvicinarsi fin dove comincia a sentire la paura, questo è un cosiddetto controevitamento. Da Nardone (2016): “il controevitamento corporeo […] è stato promosso dalla tecnica della misurazione del limite” (il caso del libro parlava della fobia dei gatti).
- La terza tecnica, la cosiddetta “peggiore fantasia” sulle barbie (in questo caso) consiste nell’evocare volontariamente tutte le proprie peggiori fantasie sulla situazione che non siamo in grado di affrontare, durante un tempo ben preciso e delimitato (mezz’ora dopo pranzo). Questa tecnica è utilizzata per trattare i casi di paura patologica e attacchi di panico. Anche in questo caso trovate tutto chiaramente spiegato nel testo “La terapia degli attacchi di panico” Nardone, 2016.
Grazie alle telecamere possiamo vedere come viene messa in atto la misura della distanza dall’oggetto fobico: la persona si avvicina all’oggetto fino a quando comincia a sentire paura, in quel momento si ferma e una persona che è con lei misura la distanza a cui è riuscita ad avvicinarsi.
Se anche voi avete qualche fobia sicuramente vi sarete immedesimati nell’immagine spaventata di Alessia che, di fronte al suo (seppur curioso) oggetto fobico, resta impietrita e solo con grandissima difficoltà riesce a mantenere lo sguardo sulla bambola, è inoltre tipica la reazione di fuga che invece ha nel momento in cui la situazione glielo consente e lo stimolo è troppo forte (come le succede nel negozio di giocattoli). Provate a immaginare di essere nella sua situazione e di trovarvi di fronte ciò che più temete: un cane, un gatto, un ragno, un topo, un serpente, l’altezza, una piazza immensa, un luogo angusto… probabilmente rivaluterete l’immagine inevitabilmente ‘tragi-comica’ della situazione.
In conclusione la situazione iniziale di Alessia le impediva di trovarsi in alcun luogo dove fosse presente, o potesse essere presente, una bambola barbie, tanto da imporre alla madre di nasconderle quando andava a fare visita alla sorellina, ad oggi, dopo solo una settimana di terapia breve strategica, Alessia è in grado di avvicinarsi a meno di un metro da ciò che la terrorizzava solo 7 giorni prima, senza inoltre mettere in atto alcuna reazione di fuga.
Il modello di Terapia Breve Strategica presenta un’elevata efficacia ed efficienza nella risoluzione dei problemi fobici, per maggiori informazioni rimando alla bibliografia:
Cagnoni, F., & Milanese, R. (2009). Cambiare il passato. Ponte alle Grazie, Milano.
Giorgio, NARDONE (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano
Fobia delle Barbie (fobia specifica) Le Barbie e la Ciociara – Selfie Canale 5 Simona Ventura e Giorgio Nardone
Ieri sera 28 novembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la seconda puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
Il caso selezionato per essere affrontato dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente) è stato soprannominato “Le Barbie e la Ciociara” (qui il link al video).
La donna, Alessia Macari, ha 23 anni ed una fobia singolare: ha paura della bambole Barbie (e di quelle simili).
Alessia riconduce la sua fobia ad un evento traumatico subito all’età di 3 anni quando la sua babysitter la spaventò rompendole una Barbie davanti agli occhi, la sua preoccupazione attuale è di non poter giocare con le bambole con la sua sorellina e di non poterlo fare nemmeno se dovesse avere una bambina.
Vengono indagati i sintomi di questa fobia e sono quelli classici: tremori e impossibilità a restare in presenza dello stimolo fobico, inoltre, anche il sistema familiare è coinvolto nel problema, infatti la madre quando Alessia fa visita alla sorellina, nasconde tutte la bambole.
Alessia afferma che è da quando ha 3 anni che non tocca più una bambola: potrebbe essere proprio questa cosa a rafforzare e mantenere in essere la sua fobia?
Citando il Prof Giorgio Nardone: “le tentate soluzioni operate dai soggetti fobici hanno come effetto prioritario la momentanea riduzione del sintomo, l’illusione della salvezza dalla paura, la sensazione di essere protetti. Ciò sta a significare che la persona […] mette in atto istintivamente le azioni che gli permettono quanto prima un alleviamento. In quello specifico momento, il soggetto non pensa a lungo termine, non progetta strategie, ma mette in moto solo reazioni basate sulla percezione del momento. Le tentate soluzioni, che sono risultate essere i veri […] complicatori dei problemi, funzionano prima di tutto come un metodo per sfuggire sul momento alla paura.” (Paura, panico, fobie, G. Nardone 1995)
È proprio questo che favorisce la reiterazione della tentata soluzione di evitamento (scappare davanti allo stimolo spaventoso) che, a sua volta, alimenta e mantiene il problema.
Sono ormai 20 anni che Alessia Macari evita accuratamente le bambole Barbie, e tutto ciò non fa altro, giorno dopo giorno, che peggiorare la sua percezione terrifica di questo oggetto.
Come anticipa Simona Ventura, il Prof Giorgio Nardone, con il modello di Terapia Breve Strategica, lavora dando ai pazienti delle prescrizioni di comportamento “le strategie mirano infatti a cambiare le aspettative, gli atteggiamenti, e i comportamenti che influenzano l’interazione tra l’individuo e la realtà interna ed esterna con la quale si confronta, tramite ristrutturazioni e ridefinizioni realizzate all’interno dei colloqui clinici e tramite prescrizioni che il paziente deve mettere in atto tra una seduta e l’altra nella vita quotidiana.” (La terapia degli attacchi di panico: liberi per sempre dalla paura patologica, G. Nardone 2016).
Arrivati a questo punto è stato chiamato in causa lo Psicologo Psicoterapeuta Giorgio Nardone, creatore del modello di Terapia Breve Strategica, che ha detto la sua sul caso di Alessia Macari e la seguirà nel suo percorso di terapia per superare il disturbo fobico, vi lascio qui le sue parole:
“Vorrei sottolineare che le paure patologiche possono derivare anche dalle cose più piccole e più incredibili, io ho visto la fobia delle bottiglie stappate, la fobia del vento, la fobia degli angoli, delle ombre e sulla base di una cosa che sembra incredibile il soggetto è capace di costruire immaginare un mondo terrificante e di esserne completamente invalidato; questa persona soffre di un disturbo importante che per fortuna si può risolvere in tempi rapidi, quindi sarò felice di tentare di aiutarla”
Il modello di Terapia Breve Strategica presenta un’elevata efficacia ed efficienza nella risoluzione dei problemi fobici, per maggiori informazioni rimando alla bibliografia:
Giorgio, NARDONE (1993). Paura, panico, fobie. Ponte alle Grazie, Milano
Giorgio, NARDONE (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano
Disturbo Ossessivo Compulsivo “Questione di ordine” – Selfie Canale 5 Simona Ventura e Giorgio Nardone
Ieri sera 21 novembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la prima puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
Il caso selezionato per essere affrontato dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente) è stato soprannominato “questione di ordine” (qui il link al video).
La donna, Nicoletta, ha 34 anni e da quando è diventata mamma ha smesso di prendersi cura di sé stessa, questa cosa la sta mettendo in crisi con il marito che non fa altro che lamentarsi di questa situazione.
Ad una prima occhiata potrebbe sembrare semplicemente una donna che ha bisogno di un nuovo ‘look’, ed anche Nicoletta è convinta che sia questo il suo problema, ma la trascuratezza e lo sguardo spaventato di Nicoletta fanno pensare che dietro ci sia ben altro.
Il format televisivo di Selfie prevede una visita a casa di chi ha fatto richiesta di aiuto e grazie a questo in pochi minuti si riesce ad individuare il problema di Nicoletta.
La donna chiede a chi entra in casa di togliere le scarpe (e fin qui denota semplicemente un’attenzione per la pulizia superiore a quella della maggioranza della popolazione italiana, come fanno i Giapponesi, dice lei), ma la cosa che fa scattare l’allarme è il rituale di preparazione del caffè da parte di Nicoletta: prima di passare la tazzina a Katia Ricciarelli, Nicoletta deve pulire il lavandino seguendo uno specifico rituale (asciugare, lasciare una goccia d’acqua sul lavandino, poi sciacquare la spugnetta e poi asciugare finalmente il tutto). Quando le viene chiesto se lascia mai qualcosa in disordine lei risponde “non ce la faccio”.
Queste due cose, che possono sembrare banali, nascondono in realtà il nucleo del problema di Nicoletta: il bisogno di controllare il mondo esterno (con l’ordine) e un rituale che va eseguito perfettamente perché possa controllare la sua ansia, queste due cose insieme formano il cosiddetto disturbo ossessivo compulsivo.
A questo punto Katia le toglie la spugna da mano e la getta nel lavandino e qui la risposta di Nicoletta è da manuale: “se lo fa lei va bene” il problema non è quindi il disordine in quanto tale, ma l’essere responsabili di quel disordine, il non aver svolto il rituale nella maniera corretta, quindi non importa se l’ordine viene rotto da un soggetto esterno, questo non farà sentire Nicoletta responsabile della cosa (in genere le persone con disturbo ossessivo compulsivo svolgono i rituali come riparazione di qualcosa che è avvenuto nel passato, per evitare che accada qualcosa di male nel futuro oppure perché accada qualcosa di bello nel futuro, i rituali sono infatti tecnicamente suddivisi in tipo riparatorio, preventivo o propiziatorio).
L’attenzione eccessiva per l’ordine la vediamo anche nel modo in cui tiene il cibo nel frigorifero (ordinato per tipo e per data di scadenza), gli abiti (per modello e per colore), la biancheria intima (per colore) ecc. ecc.
Nicoletta ci parla anche del problema che ha con la pulizia delle figlie, tanto da portarsi le posate da casa quando va a mangiare al ristorante o il disinfettante per pulire tutti i cassetti quando va in albergo.
Nicoletta afferma di sentirsi in gabbia e di non riuscire ad uscirne da sola. Questo purtroppo è quello che accade a chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo, che da un punto di vista razionale sembra del tutto assurdo: verrebbe naturale pensare che ‘basterebbe non mettere in ordine’ oppure che una volta ogni tanto potrebbe evitare di pulire il lavandino, che sia chiaro, per chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo le cose stanno in un altro modo, loro non possono evitare di mettere in atto un rituale, non è una questione di forza di volontà, l’ansia e l’angoscia che proverebbero se non mettessero in atto un rituale è qualcosa che chi non soffre di questo disturbo non può nemmeno lontanamente immaginare.
Chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo soffre tre volte: soffre perché deve mettere in atto i rituali, soffre perché è pienamente consapevole dell’assurdità della situazione (quindi è inutile che qualcuno glielo ribadisca…) e soffrono perché non sono compresi dai propri familiari e dai propri amici.
Arrivati a questo punto è stato chiamato in causa lo Psicologo Psicoterapeuta Giorgio Nardone, creatore del modello di Terapia Breve Strategica, che ha detto la sua sul caso di Nicoletta e la seguirà nel suo percorso di terapia per superare il disturbo ossessivo compulsivo, vi lascio qui il suo commento:
Questo tecnicamente si chiama disturbo ossessivo compulsivo, in parole più comprensibili è l’ossessione che entra nella mente della persona, come un virus e che la costringe a mettere in atto tutta una serie di rituali che lei non può non fare, perché se non li fa entra in uno stato di ansia e di angoscia insopportabile. Nel suo caso abbiamo una tipologia specifica che è quella dell’ordinare gli oggetti tutti in una certa maniera che per lei è rassicurante perché lei ha il controllo su tutto. La maggioranza delle persone ha delle piccole fissazioni che sono funzionali e possono essere gestibili, ma quando arrivano al livello di compulsione, ovvero quando è qualche cosa che io non posso evitare di fare perché altrimenti crollo nel panico, crollo dell’angoscia assoluta, è diventato una patologia; nel suo caso abbiamo un livello direi piuttosto invalidante e non deve stupire vedere tutto l’ordine che mette fuori di sé e tutto il disordine che ha su di sé, perché è proprio tipico di queste patologie il fatto che più spendono tempo nel ordinare il resto più sono disordinati dentro più non riescono a prendersi cura di se.
Detto questo sono curioso di vedere come evolverà la terapia e, soprattutto, cosa ci faranno vedere in televisione, il modello di Terapia Breve Strategica è molto efficace nel trattamento di questo tipo di disturbo e i risultati possono essere tanto rapidi e profondi da sembrare incredibili.
Aiuto! Penso troppo e non agisco!
Ti è stato insegnato che bisogna pensare prima di agire, che per non fare errori devi controllare tutto più e più volte, perché l’errore non è ammesso, anzi è severamente punito e, se vuoi essere un bravo figlio, un bravo studente, un bravo lavoratore, non puoi sbagliare e devi pensare bene prima di fare o dire qualcosa.
Hai imparato che quando hai un dubbio il modo di scioglierlo è ovviamente il pensiero, quando devi fare qualcosa devi pensare a tutti i pro e i contro, a quello che succederà e a quello che non potrà succedere, alle strade che si apriranno e a quelle che si chiuderanno…
Da quando sei un bambino ti hanno insegnato che il pensiero razionale è la cosa che ci distingue dagli animali, e ora che è proprio il pensiero il tuo nemico come potrai venirne fuori?
C’è qualcosa a cui continui a pensare e non riesci a togliertela dalla mente, più provi a cancellare quel pensiero e più quel pensiero torna insistentemente, allora ti disperi e, dato che gli altri ti vedono un po’ strano e fanno domande, cominci a parlarne, ma con chiunque tu ne parli non ottieni altro che risposte seccate: “Pensi troppo, dovresti smetterla di pensare!” la tua sofferenza viene completamente svalutata e ti senti incompreso anche da chi ti è più vicino. Finisci nella spirale del ‘più cerco di non pensarci più ci penso’, ma la logica, il pensiero razionale che ti hanno insegnato fino ad ora ti suggerisce che devi provarci più insistentemente, se non funziona è perché non ti sei impegnato abbastanza!
È questa la trappola del pensiero ossessivo, il tuo paradossale tentativo di pensare di non pensare, la certezza che ‘se ne parlo è meglio’ che magari avrai sentito dire, o avrai tu stesso detto a qualche amico.
Tutto ciò che stai facendo per risolvere il problema non sta facendo altro che aggravarlo.
C’è una cosa che puoi fare nell’immediato: smetti di parlare di questi pensieri con chiunque, non tutti hanno la formazione adatta per gestire una situazione del genere, pertanto l’ideale sarebbe che tu ti rivolgessi ad uno specialista.
L’altra trappola in cui sei finito è il tentativo di non pensare, quindi sarebbe opportuno sovvertire questa azione e dedicare uno spazio e un tempo a questi pensieri: ritagliati una mezz’ora o un’ora, magari spalmata nel corso della giornata in momenti ben precisi, in cui pensare volontariamente i tuoi pensieri indesiderati.
Può risultare molto utile anche organizzare le proprie giornate in maniera precisa, ad esempio scrivendo delle liste delle cose da fare, per evitare che il troppo pensiero ti porti lontano dall’assolvere ai compiti quotidiani.
Psicorecensioni da Venezia: Orecchie di Alessandro Aronadio
Presentato in anteprima mondiale alla 73a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, nell’ambito di Biennale College questa commedia racconta la giornata di un professore di lettere e filosofia che si sveglia con un fischio alle orecchie e con un enigmatico messaggio sulla porta del frigo, da lì in poi si imbatterà in una serie di personaggi assurdi che hanno tutti una cosa in comune: non si prendono sul serio.
Il nostro professore supplente di filosofia passa da una situazione all’altra in cui, il suo prendersi sul serio, il suo pensare di essere superiore agli altri, gli impedisce di godersi la vita come “gli altri” il fischio si fa sempre più presente mano a mano che il protagonista, in virtù di una personale etica rinuncia a vivere:
(Parlando dei sui “mancati successi”)
Lui:“le mie occasioni ce le ho avute, solo che non sono voluto scendere a compromessi”.
Lei: “il compromesso si tende a confordere con l’accettazione”.
Lui:“l’accettazione è una resa”
Interessante la scena in cui il professore viene etichettato come ipocondriaco dal medico a cui si è rivolto e che in poche battute mostra l’aspetto principale del disturbo: cercare costantemente conferma di qualcosa di cui ha certezza (la malattia), andando avanti in visite, analisi e indagini, e scartando come errori tutti i risultati che negano la sua credenza.