Fobia delle Barbie (fobia specifica) Le Barbie e la Ciociara – Selfie Canale 5 Simona Ventura e Giorgio Nardone

Ieri sera 28 novembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la seconda puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
Il caso selezionato per essere affrontato dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente) è stato soprannominato “Le Barbie e la Ciociara” (qui il link al video).

Cliccando qui puoi leggere la seconda parte dell’articolo con gli effetti della terapia dopo una settimana.

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La donna, Alessia Macari, ha 23 anni ed una fobia singolare: ha paura della bambole Barbie (e di quelle simili).
Alessia riconduce la sua fobia ad un evento traumatico subito all’età di 3 anni quando la sua babysitter la spaventò rompendole una Barbie davanti agli occhi, la sua preoccupazione attuale è di non poter giocare con le bambole con la sua sorellina e di non poterlo fare nemmeno se dovesse avere una bambina.
Vengono indagati i sintomi di questa fobia e sono quelli classici: tremori e impossibilità a restare in presenza dello stimolo fobico, inoltre, anche il sistema familiare è coinvolto nel problema, infatti la madre quando Alessia fa visita alla sorellina, nasconde tutte la bambole.
Alessia afferma che è da quando ha 3 anni che non tocca più una bambola: potrebbe essere proprio questa cosa a rafforzare e mantenere in essere la sua fobia?
Citando il Prof Giorgio Nardone: “le tentate soluzioni operate dai soggetti fobici hanno come effetto prioritario la momentanea riduzione del sintomo, l’illusione della salvezza dalla paura, la sensazione di essere protetti. Ciò sta a significare che la persona […] mette in atto istintivamente le azioni che gli permettono quanto prima un alleviamento. In quello specifico momento, il soggetto non pensa a lungo termine, non progetta strategie, ma mette in moto solo reazioni basate sulla percezione del momento. Le tentate soluzioni, che sono risultate essere i veri […] complicatori dei problemi, funzionano prima di tutto come un metodo per sfuggire sul momento alla paura.” (Paura, panico, fobie, G. Nardone 1995)

È proprio questo che favorisce la reiterazione della tentata soluzione di evitamento (scappare davanti allo stimolo spaventoso) che, a sua volta, alimenta e mantiene il problema.

Sono ormai 20 anni che Alessia Macari evita accuratamente le bambole Barbie, e tutto ciò non fa altro, giorno dopo giorno, che peggiorare la sua percezione terrifica di questo oggetto.

Come anticipa Simona Ventura, il Prof Giorgio Nardone, con il modello di Terapia Breve Strategica, lavora dando ai pazienti delle prescrizioni di comportamentole strategie mirano infatti a cambiare le aspettative, gli atteggiamenti, e i comportamenti che influenzano l’interazione tra l’individuo e la realtà interna ed esterna con la quale si confronta, tramite ristrutturazioni e ridefinizioni realizzate all’interno dei colloqui clinici e tramite prescrizioni che il paziente deve mettere in atto tra una seduta e l’altra nella vita quotidiana.” (La terapia degli attacchi di panico: liberi per sempre dalla paura patologica, G. Nardone 2016).
Arrivati a questo punto è stato chiamato in causa lo Psicologo Psicoterapeuta Giorgio Nardone, creatore del modello di Terapia Breve Strategica, che ha detto la sua sul caso di Alessia Macari e la seguirà nel suo percorso di terapia per superare il disturbo fobico, vi lascio qui le sue parole:
Vorrei sottolineare che le paure patologiche possono derivare anche dalle cose più piccole e più incredibili, io ho visto la fobia delle bottiglie stappate, la fobia del vento, la fobia degli angoli, delle ombre e sulla base di una cosa che sembra incredibile il soggetto è capace di costruire immaginare un mondo terrificante e di esserne completamente invalidato; questa persona soffre di un disturbo importante che per fortuna si può risolvere in tempi rapidi, quindi sarò felice di tentare di aiutarla

Il modello di Terapia Breve Strategica presenta un’elevata efficacia ed efficienza nella risoluzione dei problemi fobici, per maggiori informazioni rimando alla bibliografia:

Giorgio, NARDONE (1993). Paura, panico, fobie. Ponte alle Grazie, Milano
Giorgio, NARDONE (2016). La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie, Milano

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Disturbo Ossessivo Compulsivo “Questione di ordine” – Selfie Canale 5 Simona Ventura e Giorgio Nardone

Ieri sera 21 novembre 2016, su Canale 5, è andata in onda la prima puntata del programma Selfie condotto da Simona Ventura, la trasmissione si occupa di vari aspetti del cambiamento, da quello fisico a quello psicologico e naturalmente mi soffermerò proprio su quest’ultimo.
Il caso selezionato per essere affrontato dallo Psicoterapeuta Giorgio Nardone (di cui ho l’onore di essere uno studente) è stato soprannominato “questione di ordine” (qui il link al video).
La donna, Nicoletta, ha 34 anni e da quando è diventata mamma ha smesso di prendersi cura di sé stessa, questa cosa la sta mettendo in crisi con il marito che non fa altro che lamentarsi di questa situazione.
Ad una prima occhiata potrebbe sembrare semplicemente una donna che ha bisogno di un nuovo ‘look’, ed anche Nicoletta è convinta che sia questo il suo problema, ma la trascuratezza e lo sguardo spaventato di Nicoletta fanno pensare che dietro ci sia ben altro.
Il format televisivo di Selfie prevede una visita a casa di chi ha fatto richiesta di aiuto e grazie a questo in pochi minuti si riesce ad individuare il problema di Nicoletta.
La donna chiede a chi entra in casa di togliere le scarpe (e fin qui denota semplicemente un’attenzione per la pulizia superiore a quella della maggioranza della popolazione italiana, come fanno i Giapponesi, dice lei), ma la cosa che fa scattare l’allarme è il rituale di preparazione del caffè da parte di Nicoletta: prima di passare la tazzina a Katia Ricciarelli, Nicoletta deve pulire il lavandino seguendo uno specifico rituale (asciugare, lasciare una goccia d’acqua sul lavandino, poi sciacquare la spugnetta e poi asciugare finalmente il tutto). Quando le viene chiesto se lascia mai qualcosa in disordine lei risponde “non ce la faccio”.
Queste due cose, che possono sembrare banali, nascondono in realtà il nucleo del problema di Nicoletta: il bisogno di controllare il mondo esterno (con l’ordine) e un rituale che va eseguito perfettamente perché possa controllare la sua ansia, queste due cose insieme formano il cosiddetto disturbo ossessivo compulsivo.
A questo punto Katia le toglie la spugna da mano e la getta nel lavandino e qui la risposta di Nicoletta è da manuale: “se lo fa lei va bene” il problema non è quindi il disordine in quanto tale, ma l’essere responsabili di quel disordine, il non aver svolto il rituale nella maniera corretta, quindi non importa se l’ordine viene rotto da un soggetto esterno, questo non farà sentire Nicoletta responsabile della cosa (in genere le persone con disturbo ossessivo compulsivo svolgono i rituali come riparazione di qualcosa che è avvenuto nel passato, per evitare che accada qualcosa di male nel futuro oppure perché accada qualcosa di bello nel futuro, i rituali sono infatti tecnicamente suddivisi in tipo riparatorio, preventivo o propiziatorio).
L’attenzione eccessiva per l’ordine la vediamo anche nel modo in cui tiene il cibo nel frigorifero (ordinato per tipo e per data di scadenza), gli abiti (per modello e per colore), la biancheria intima (per colore) ecc. ecc.

 


Nicoletta ci parla anche del problema che ha con la pulizia delle figlie, tanto da portarsi le posate da casa quando va a mangiare al ristorante o il disinfettante per pulire tutti i cassetti quando va in albergo.
Nicoletta afferma di sentirsi in gabbia e di non riuscire ad uscirne da sola. Questo purtroppo è quello che accade a chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo, che da un punto di vista razionale sembra del tutto assurdo: verrebbe naturale pensare che ‘basterebbe non mettere in ordine’ oppure che una volta ogni tanto potrebbe evitare di pulire il lavandino, che sia chiaro, per chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo le cose stanno in un altro modo, loro non possono evitare di mettere in atto un rituale, non è una questione di forza di volontà, l’ansia e l’angoscia che proverebbero se non mettessero in atto un rituale è qualcosa che chi non soffre di questo disturbo non può nemmeno lontanamente immaginare.
Chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo soffre tre volte: soffre perché deve mettere in atto i rituali, soffre perché è pienamente consapevole dell’assurdità della situazione (quindi è inutile che qualcuno glielo ribadisca…) e soffrono perché non sono compresi dai propri familiari e dai propri amici.
Arrivati a questo punto è stato chiamato in causa lo Psicologo Psicoterapeuta Giorgio Nardone, creatore del modello di Terapia Breve Strategica, che ha detto la sua sul caso di Nicoletta e la seguirà nel suo percorso di terapia per superare il disturbo ossessivo compulsivo, vi lascio qui il suo commento:

Questo tecnicamente si chiama disturbo ossessivo compulsivo, in parole più comprensibili è l’ossessione che entra nella mente della persona, come un virus e che la costringe a mettere in atto tutta una serie di rituali che lei non può non fare, perché se non li fa entra in uno stato di ansia e di angoscia insopportabile. Nel suo caso abbiamo una tipologia specifica che è quella dell’ordinare gli oggetti tutti in una certa maniera che per lei è rassicurante perché lei ha il controllo su tutto. La maggioranza delle persone ha delle piccole fissazioni che sono funzionali e possono essere gestibili, ma quando arrivano al livello di compulsione, ovvero quando è qualche cosa che io non posso evitare di fare perché altrimenti crollo nel panico, crollo dell’angoscia assoluta, è diventato una patologia; nel suo caso abbiamo un livello direi piuttosto invalidante e non deve stupire vedere tutto l’ordine che mette fuori di sé e tutto il disordine che ha su di sé, perché è proprio tipico di queste patologie il fatto che più spendono tempo nel ordinare il resto più sono disordinati dentro più non riescono a prendersi cura di se.

Detto questo sono curioso di vedere come evolverà la terapia e, soprattutto, cosa ci faranno vedere in televisione, il modello di Terapia Breve Strategica è molto efficace nel trattamento di questo tipo di disturbo e i risultati possono essere tanto rapidi e profondi da sembrare incredibili.